Magnitudine apparente: Agostino Bonalumi Paolo Radi

La percezione della magnitudine è strettamente connessa alla forza della visione, alla ricerca di una giusta distanza e alla definizione di una forma illusoria. Nello spazio di Magnitudine apparente, i lavori di Agostino Bonalumi (1935, Vimercate, MI) e Paolo Radi (1966, Roma) riflettono come luci intense, come tracce continue derivanti da corpi celesti paralleli. Tra volumi puri, orme alterne, misure di luminosità e dialoghi di superficie, le opere diventano attrazioni neutrali assolute. In astronomia sono stati definiti due diversi tipi di magnitudine: una apparente e una assoluta. La magnitudine apparente di una stella esprime la grandezza, la scala valoriale che definisce quanto appaia luminosa la luce celeste osservata dal pianeta terra. Un solo fattore caratterizza la magnitudine apparente, rendendola diversa da quella assoluta, e cioè che essa considera la misura di come le stelle appaiano luminose unicamente in relazione alla loro distanza dalla superficie terres re. Questo elemento contraddistingue la magnitudine apparente per essere non una mera unità di misura astrale, ma un riferimento scientifico interamente stabilito su un giudizio di matrice umana, fisiologica.
read more
Epicuro fu il primo a teorizzare il fenomeno della magnitudine apparente introducendola fra le spiegazioni metafisiche (Μετά τα φυσικά, al di là delle cose fisiche, della materia) utili a comprendere quella parte dell’invisibilità nella quale l’uomo si relaziona agli oggetti alimentando la propria percezione sensoriale e l'impressione dell’esistenza di una realtà al di fuori del corpo. La scienza di Epicuro ha rimesso nelle mani dell’uomo il concetto di interiorità indicando questa dimensione come risultato della relazione biunivoca tra i sensi, i segni e gli oggetti del mondo, posti in prossimità della pelle. Epicuro fa risalire l’intuizione della magnitudine apparente ai suoi studi sulla superficie delle cose, momento in cui determinò l’esistenza di flussi che, anche se non manifesti, contraddistinguono la consistenza lontana degli oggetti. Corpi richiamati a noi anche attraverso l’attivazione di organi di senso mentali, interiori. Evocando questi antichi ordini di saperi, la doppia personale Bonalumi | Radi, sotto il titolo di Magnitudine apparente, alimenta l’illusione nel sistema visivo dello spettatore, tra superfici verticali, profondità cangianti e riflessi fatti emergere direttamente nell’occhio di chi guarda. Movenze, profili, ombre, rilievi fantasma e dune geometriche trasformano il visitatore nel testimone immediato di una ricerca, di uno studio sull’intensità. Di un percorso artistico retrogrado, un sentiero che riporta in superficie legami come prove, certezze sulla dipendenza dell’esterno infinito dalla nostra breve esistenza celeste. Attraverso la costituzione di edifici e impianti prospettici, Bonalumi e Radi divaricano la complessità della visione, distruggendone il calco dovuto, richiesto dalla riproducibilità. Gli effetti materici creati da spessori, innalzamenti e stratificazioni prolungano le sembianze delle opere, facendole diventare porzioni spirituali, dubbi sulla forza della trasparenza e sull’incertezza dell’opacità. Restano dunque velate all’occhio chiusure e movimenti, spasmi che costituiscono la fedeltà di riflessi nascosti da tele e rivestimenti. Assi di simmetria oltre i quali l’opera si ribalta, diventando superficie che non esaurisce il limite della materia, ma che si trasforma in fonte dimostrativa di partecipazione interiore.
Opere esposte

Veduta mostra

Veduta mostra

Veduta mostra

Veduta mostra