Alessandro Trabucco

Paolo Radi: Pura sensibilità luminosa:


“I materiali, per me, sono quelli che in questo momento, sommati insieme, evocano la luce: legno, acrilici e poi il perspex e il pvc.”
L’artista romano, classe 1966, si esprime così a chiusura di un’intervista rilasciata nel 2004: un dialogo nel quale emergono parecchie suggestioni sul lungo e articolato percorso seguito nella propria ricerca estetica. Riferimenti colti all’arte dell’Umanesimo, del Rinascimento e del Barocco, sino a quella della “pura sensibilità”, ricercata e realizzata dagli artisti astratti dei primi del Novecento – naturalmente Kandinsky, Malevic e Mondrian su tutti – sino ai maestri contemporanei come Castellani, Bonalumi e Achille Perilli. Con-fusa-luce, cm. 139×96, 2008, perspex e pvc Il cielo sottratto al tempo, cm. 120×200, perspex e pvc 2013, Courtesy Anna Marra Contemporanea Doppia scena dell’invisibile, 2010, cm. 153×115 Le opere di Paolo Radi non sono facilmente classificabili, anzi, sfuggono qualsiasi definizione netta e restrittiva all’interno del panorama artistico contemporaneo. Vivono in una propria dimensione, silenziosa ed eterea, lontana anni luce dal frastuono e dalla provocazione di tanta produzione attuale. A partire dai materiali usati, che potremmo ormai anche ritenere tipici del mondo dell’arte, cioè acquisiti da tempo tra quelli tradizionali, e dall’approccio ancora totalmente manuale al proprio lavoro, le opere di Paolo Radi sono una via di mezzo tra la scultura, la pittura e l’architettura; danno vita a misteriosi oggetti tridimensionali che evocano forme allo stesso tempo arcaiche e fantascientifiche, non identificabili con manufatti a noi familiari: senza alcun riferimento temporale preciso, ponendosi su di un livello visivo completamente distaccato da qualsiasi legame con un presente costante e definito.

Il cielo sottratto al tempo 2013
cm. 120X200

Confusa luce cm. 139x96 2008

Oltre l'arco
Sono comunque forme geometriche regolari e armoniose, studiate dall’artista attraverso una progettualità ben definita, ottenendo risultati di grande eleganza e raffinatezza. Opere che dialogano con lo spazio circostante in modo omogeneo, quasi naturale, stimolano lo sguardo dello spettatore a un’osservazione più lenta e concentrata, invitandolo a un silenzioso e contemplativo raccoglimento. La luce, nelle opere di Paolo Radi, sembra scaturire dall’interno, sembrano cioè sculture che vivono di luce propria: catturano le emanazioni di luce ambientale, filtrata dallo strato opalino e lattiginoso del perspex che ricopre completamente l’oggetto, sfumandone i contorni e quindi attenuandone la fisicità. In questo modo si perde la cognizione effettiva della loro matericità, risultando allo sguardo come evanescente, quasi immateriale, una forma di pura luce, vaporosa e impalpabile. La luce, che s’irradia dall’interno delle opere di Paolo Radi, è un’emanazione derivata dalla luce ambientale, catturata e riemessa verso l’esterno. Una luce soffusa, delicatissima, che conferisce un aspetto quasi sacrale a ogni opera, come fosse un oggetto dalla provenienza ignota, un’apparizione sovrannaturale. Luce propria e luce riflessa, allo stesso tempo – difficile comunque distinguere quale sia la reale fonte energetica. L’artista riesce in questo modo ad accentuare il carattere impenetrabile e misterioso della presenza racchiusa nell’involucro trasparente opaco, come un baco da seta, contenitore che custodisce calore, vita, energia e luce. L’opera “Deriva della memoria” è uno degli esempi più significativi di questa pratica creativa e pone l’opera di Paolo Radi su di un piano estetico fuori da qualsiasi schema prestabilito e condizionato dalle mode imperanti, mantenendo costante nel tempo un’evoluzione continua con nuovi materiali e nuove soluzioni cromatiche e formali.