Cesare Biasini Selvaggi: Identità Improbabili
Musei di San Salvatore al Lauro Roma

FIORELLI E RADI: STORIA D’ARTE E D’AMORE
È la geometria ad accumunare Emanuela Fiorelli e Paolo Radi, i due artisti protagonisti di “Identità improbabili”, l’esposizione organizzata da Il Cigno Edizioni in collaborazione con FerrarinArte che si inaugura oggi a Roma, nelle sale dei Musei di San Salvatore in Lauro,
"Dio li fa e, poi, li accoppia”. È proprio vero questo famoso detto popolare, anche e, forse, soprattutto per gli artisti. D’altronde, chi potrebbe immaginare Frida Kahlo senza Diego Rivera, Robert Capa senza Gerda Taro, Max Ernst senza Leonora Carrington, Gilbert senza George? Le pagine della storia dell’arte sono segnate da grandi coppie, così come da sodalizi d’amore appassionati ma platonici, come quello tra Joseph Cornell e Yayoi Kusama, oppure da fusioni collaborative indissolubilmente legate alla creatività, nel caso di Camille Claudel e Auguste Rodin, per esempio. Questa premessa è necessaria perché gli artisti protagonisti dell’opening odierno, Emanuela Fiorelli e Paolo Radi, al debutto tra poche ore nella mostra organizzata da "Il Cigno Edizioni” in collaborazione con "FerrarinArte” nei Musei di San Salvatore in Lauro di Roma, sono marito e moglie. È sempre interessante approfondire le dinamiche personali e, inevitabilmente, artistiche che si instaurano in questa a-tipica modalità di "coworking”. Giovanni Granzotto, curatore del presente progetto espositivo (che si preannuncia scivoloso quanto accattivante già nel suo titolo "Identità improbabili”), stigmatizza da subito le differenze tra Emanuela Fiorelli e Paolo Radi. Nelle opere dell’una la razionalità si sensibilizza, in quelle dell’altro la luce diventa armonia del visibile. Due artisti diversi, pertanto, che però si completano, due raffigurazioni opposte che però si toccano, due talenti creativi affascinati dalla dicotomia luce-ombra, pieno e vuoto, così come da sempre impegnati nel dare forma al rapporto tra l’uomo e lo spazio, inteso non solo dal punto di vista geometrico e concettuale, ma anche corporeo e percettivo. Entrambi accomunati da una ricerca che si interroga su ciò che appare e ciò che traspare. Gli artisti obbligano, infatti, gli spettatori ad avvicinarsi e a retrocedere dalle opere, "costringendoli” a cambiare di continuo il punto di vista, mettendo alla prova la propria percezione. Insomma quella che si inaugurerà questa sera sarà un’esposizione indicativa della rilevanza del cosiddetto "pensiero divergente”, un modo di pensare che implica originalità e fluidità, che rompe con i modelli esistenti introducendo qualcosa di nuovo. Oltre il perimetro delle differenze di genere.
Cesare Biasini Selvaggi-Exibart
pubblicato venerdì 19 gennaio 2018